Carlo Agostini (1900 – 1988) è stato un meccanico italiano.
Uomo riservato, spesso brusco, in fabbrica era Carlètu, ma nel mondo delle corse fu soprannominato Murètt, il moro.
Entrò in Moto Guzzi sin dai primi passi nell’azienda: Carlo Guzzi lo conobbe nell’officina di Giorgio Ripamonti, dove lavorava. Fu destinato al Reparto corse e contribuì in modo decisivo al periodo d’oro della Casa di Mandello.
Per molti piloti, ed in particolare per Omobono Tenni, fu un amico e la figura di riferimento per il lavoro in pista e ai box.
Insieme al fondatore e ad Edmondo Micheli, decise per anni le scelte tecniche della Moto Guzzi.
Nell’organigramma del 1935 era uno dei quattro Capi officina alle dirette dipendenze del direttore Guido Volterra. Divenne responsabile anche della Sala prove e nel 1950 fu nominato Maestro del lavoro.
Fu il capo dei motoristi ed il responsabile del Reparto corse fino all’inizio della guerra.
Enrico Cantoni (Olcio, 12 novembre 1926 – 18 dicembre 2021) è stato un progettista italiano specializzato nel settore motociclistico.
Iniziò a lavorare in Moto Guzzi nel 1941 come addetto al magazzino pezzi finiti, mentre stava ancora completando gli studi di meccanica e disegno. Fu Carlo Guzzi a trasferirlo successivamente all’Ufficio tecnico, sotto la direzione di Giulio Cesare Carcano e al fianco di Umberto Todero.
Il suo primo lavoro su il Colibrì, successivamente il Galbalunga e poi tutte le moto da competizione realizzate dal Reparto corse, compresa la Otto cilindri (in particolare il carter e l’albero motore). Dopo il ritiro dalle corse, si dedicò alle moto da regolarità e alla produzione di serie ma nel 1966 abbandono l’azienda dopo l’uscita dei Parodi.
Giulio Cesare Carcano (Milano, 20 novembre 1910 – Mandello del Lario, 14 settembre 2005) è stato un ingegnere e progettista italiano specializzato nel settore motociclistico.
Laureatosi al Regio istituto tecnico superiore (il futuro Politecnico) nel 1934, effettuò il servizio militare e venne assunto in Moto Guzzi nel 1936. Dopo un primo periodo di apprendistato nella progettazione di moto militari, si mise in luce nelle competizioni con il modello Condor che, unitamente alle successive versioni Dondolino e Gambalunga, fu protagonista di una impressionante serie di vittorie sui circuiti di tutto il mondo.
È stato l’autore di diverse motociclette, dalla Otto cilindri del 1955, una moto innovativa e troppo evoluta per l’epoca, al motore bicilindrico a V trasversale di 90°, montato per la prima volta sulla V7 700 nel 1965 e che, con la medesima architettura, è divenuto il simbolo stesso della casa di Mandello.
Carcano rimase legato all’azienda di Mandello del Lario sino al 1965, proseguendo poi la sua attività nel campo del canottaggio e delle imbarcazioni a vela.
Morì alla soglia dei novantacinque anni nella sua casa di Mandello.
Igino Fattore (Villanova di Padova, 22 agosto 1911 – Mandello del Lario, 29 gennaio 1998) è stato un meccanico italiano.
Si trasferì a Mandello negli anni Trenta per lavorare in Moto Guzzi come meccanico del Reparto corse, nel quale si occupò in particolare della telaistica.
Accompagnò la squadra nelle gare dei Campionati mondiali in tutta l’Europa.
Rodolfo Frascoli (Busto Arsizio, 26 settembre 1966) è un designer italiano.
All’età di 14 anni ha vinto il suo primo concorso di design, cominciando pochi anni più tardi la sua carriera al fianco di Luciano Marabese, nome storico del design motociclistico italiano.
Dal 1997 al 2010 ha ricoperto la carica di direttore del centro di progettazione di Marabese Design.
In oltre 25 anni dalla sua matita sono nati molti modelli Moto Guzzi. Nel 2002 la Breva 750, la Breva 1100 e la Griso 1100, acclamata come una delle motociclette più belle del Salone di Monaco dello stesso anno; nel 2005 ha disegnato la Norge; nel 2006 la Sport 1200 ed infine la Stelvio.
Nel 2010 ha fondato la Frascoli Design come consulente indipendente per prestigiosi marchi di motociclette.
Miguel Galluzzi (Buenos Aires, 1959) è un designer argentino specializzato nella progettazione di motocicli.
Appartiene ad una famiglia di motociclisti da due generazioni: suo nonno gareggiava con le Harley-Davidson negli anni ’20 e ’30, mentre il padre ha avuto una carriera da ciclista negli anni ’40, per poi diventare pilota automobilistico e motociclistico in diversi campionati sudamericani fino agli anni ’70. Il suo interesse per il motociclismo iniziò nei primi anni ’60 quando ricevette una moto come regalo di compleanno da suo zio, un Kreidler 50 cc del 1959.
Ha iniziato il suo percorso professionale prima alla facoltà di ingegneria di Miami, ma preferendo iscriversi al Art Center College of Design di Pasadena, dove si è diplomato nel 1986 ricevendo una formazione più orientata verso il settore automobilistico. Il suo primo impiego è stato alla Opel, in Germania, dove ha realizzato gli interni della Corsa e il restyling della Omega, fino a quando non ha deciso di dedicarsi alla sua principale passione, le moto.
Dopo pochi anni ha cominciato a collaborare con uno studio di design di Milano che lavorava per Honda Moto e, nel 1989, è approdato al Gruppo Cagiva, all’epoca in forte espansione, dover è rimasto per diciassette anni, contribuendo alla rivoluzione nel mondo motociclistico con la creazione del segmento naked con la Ducati Monster.
Nel luglio 2006 è diventato Styling Director ad Aprilia e poi Vice Presidente del Design per Piaggio, la casa madre di Aprilia.
Il primo contatto con Moto Guzzi lo ha portato a disegnare insieme a Pierre Terblanche, la serie di concept V12 presentata all’EICMA 2009 come possibili eredi delle stradali sportive della casa di Mandello, ma senza alcuna produzione successiva.
Nel 2012, Galluzzi si è trasferito dalla sede centrale di Piaggio a Pisa a Pasadena, in California, per guidare il nuovo Advanced Design Center (PADC) dell’azienda, che gestisce altri centri Piaggio in Cina, India, Italia, Vietnam e collabora con il principale centro stile del Gruppo Piaggio.
Nel 2012, Moto Guzzi ha introdotto lo stile art nouveau di Galuzzi con la California 1400, prima moto italiana a sfidare le blasonate cruiser Harley-Davidson. Ultima della serie è la MGX-21, una dei modelli più originali attualmente sul mercato.
Giuseppe Guzzi, detto Naco (Milano, 6 agosto 1882 – 14 giugno 1962), fratello maggiore di Carlo, fu il vero supervisore tecnico della casa di Mandello del Lario.
Laureato in ingegneria civile al Politecnico di Milano, fu responsabile dell’ufficio tecnico della Moto Guzzi, collaborando con il fratello nello sviluppo di diversi progetti, soprattutto nel campo della telaistica.
Disegnò anche alcuni dei capannoni e strutture della fabbrica, oltre all’insegna della Società anonima Moto Guzzi sul cornicione della facciata. Suo è anche il progetto dell’edificio che, all’ingresso di Mandello, ospita oggi la Canottieri Moto Guzzi.
Giuseppe Guzzi veniva descritto come taciturno, riflessivo, burbero ai limiti della misantropia, soffriva enormemente il caldo in qualunque stagione. Il suo ufficio era isolato termicamente, con un impianto di raffreddamento realizzato facendo scorrere l’acqua attraverso una serpentina lungo le pareti, e dotato di un sistema antiintrusione. Si racconta che lavorasse regolarmente al tecnigrafo in canottiera. Durante i mesi estivi compiva lunghi viaggi sulla sua Sport 500, sulla targa applicata al parafango anteriore della moto si legge:
1923 Mandello-Parigi 2000 km
1924 Mandello-Tolosa-Pirenei 2500 km
1926 Mandello-Vienna-Budapest-Carpazi 3000 km
1927 Mandello-Slesia 3000 km
1928 Mandello-Stoccolma-Lapponia-Oslo-Berlino 6200 km
1929 Mandello-Amburgo 2200 km
Nel 1926 mentre si trovava sui Carpazi, ruppe il telaio rigido della Sport: aiutandosi con delle vecchie coperture e camere d’aria, riuscì ad assemblare la parte posteriore del telaio e, naturalmente, a tornare in Italia. Si rese così conto che una sorta di molleggio al posteriore avrebbe migliorato di molto il comportamento della moto: nacque così la GT o Gran Turimo, con telaio elastico. Il pacco delle molle venne collocato sotto il motore e lavorava in compressione grazie a tiranti collegati al forcellone. La ruota aveva un’escursione di 11 cm e il ritorno delle molle era frenato da ammortizzatori a frizione.
In onore al dirigibile italiano che aveva consentito ad Umberto Nobile e Roald Amundsen di sorvolare il Polo Nord, la nuova moto venne ribattezzata Norge, il che non risparmiò polemiche con le case motociclistiche concorrenti per l’utlizzo sleale della popolarità di quell’impresa per fini commerciali.
Nell’estate del 1928, Giuseppe Guzzi si preparava tranquillamente alle sue consuete ferie itineranti ma, inforcata la Norge, partì per il solito giretto estivo, che questa volta fu di oltre seimila chilometri e in ventotto giorni lo portò sino a Capo Nord. Raggiungere il circolo polare artico, sulle strade e con le moto dell’epoca, era un’impresa strabiliante e la notizia campeggiò sui giornali; Naco stesso fece un resoconto pubblicato tra luglio-agosto dell’anno successivo su Motociclismo. La Moto Guzzi conquistò così sul campo l’utilizzo a pieno titolo della denominazione Norge, e Capo Nord divenne un’importante meta motocicloturistica.
Giuseppe Guzzi scrisse anche un libricino stampato nel 1942, dal titolo “La motocicletta e il motociclista”, dove spiega il funzionamento dei vari organi componenti la motocicletta ed alcuni consigli sul come portarla.
Negli anni ’50 Naco si decise ad aggiornare la sua moto: utilizzò lo stesso motore del 1926 (quello della Sport 500) su un telaio della GT16 modificato. La sua moto fu donata dalla vedova di Ulisse Guzzi (figlio di Carlo) al Moto Club Carlo Guzzi di Mandello, dove è tuttora conservata.
Luciano Marabese (Milano, 1948 – 24 ottobre 2016) è stato un designer italiano.
Iniziò a lavorare nel design come grafico pubblicitario. Successivamente fondò lo Studio Emme.
La sua principale passione erano i motori, sia a due che a quattro ruote: nel 1976 vide la luce il suo primo progetto, una moto da speedway per bambini, che espose al Salone di Milano. I risultati furono incoraggianti, e Marabese decise di non interrompere questa esperienza fondando la HRD Motor, acronimo di “Happy Red Devils” (“felici diavoli rossi”), inizialmente sviluppando moto per bambini (la P3 da cross, la Florida in stile custom). Solo successivamente nacquero le vere moto, da 125 cc di cilindrata, innovative nel design, che tracciarono le linee guida del design motociclistico degli anni ottanta.
L’esperienza HRD Motor non durò a lungo, già nel 1984 cominciò a collaborare con il Gruppo Piaggio (Gilera in particolare); dal 1989 anche la Piaggio cominciò ad utilizzare i suoi disegni per gli scooter e, dal 1994, Marabese iniziò la collaborazione con Aprilia. Decise in quegli anni di creare una propria struttura, capace non solo di esprimere le sue idee in fatto di design ma anche di affiancare le case costruttrici nella realizzazione delle maquette (i primi “oggetti” tridimensionali che rendono palpabili le idee) e nell’industrializzazione dei progetti: nacque così nel 1997 la Marabese Design, con sede in Cerro Maggiore in provincia di Milano, struttura dove negli anni si sono formati molti altri designer, tra cui Rodolfo Frascoli che sotto la guida di Marabese ha disegnato, tra le altre, la Griso.
Altre illustri collaborazioni di Marabese Design furono con la Moto Guzzi, proseguite poi con l’acquisizione di quest’ultima da parte del Gruppo Aprilia: sue furono la V10 Centauro, la sportiva V11 del 1998, la Breva V750 e la Breva V1100 (stesso nome, stesse linee di stile, ma due moto ben diverse), sua la Griso che, presentata come prototipo nel 2002 e messa in produzione nel 2005, ancora oggi risulta essere così fuori dagli schemi da non essere classificabile in nessuna categoria di moto.
Di Marabese Design anche il restyling nel 1997 della sempreverde California.
Luciano Marabese non si è però fermato alle due ruote, proponendo soluzioni innovative anche nelle tre e quattro ruote ed in settori completamente al di fuori della mobilità. Suoi sono disegni per caldaie, sci, abiti, carrelli elevatori e tantissimi oggetti fra i più disparati. Nel 2000 entrò anche direttamente nel settore della nautica fondando la Audis divisione Marine, infondendo i suoi tratti eleganti ad imbarcazioni di varia metratura, vincitrici di divesri premi agonistici.
Paolo Martin (Torino, 7 maggio 1943) è un designer concettuale.
Ha cominciato a progettare automobili presso lo studio Giovanni Michelotti nel 1960, proseguendo poi la propria esperienza professionale in Bertone dal 1966 e, a partire dall’anno successivo, in Pininfarina come responsabile del design.
Nel 1973 passò a dirigere il Centro Stile Ghia, appartenente al Gruppo De Tomaso e, nel settore motociclistico, i suoi progetti raggiunsero l’apice proprio durante il sodalizio con l’industriale argentino Alejandro de Tomaso alla guida di Benelli/MotoBi e, dal 1973, anche della Moto Guzzi.
Dalla creatività del designer torinese sono nati diversi modelli Guzzi: la 750 S, sportiva bicilindrica evoluzione della V7 Sport del decennio precedente; la celebre V 850 Le Mans, presentata al salone di Milano alla fine del 1975 ed entrata in produzione l’anno successivo; la Guzzi V 1000 G5 del 1978, moto stradale resa filante nella linea dalla matita del designer torinese.
Dal 1976, come designer indipendente, ha collaborato con numerosi marchi del settore automobilistico, motociclistico e nautico, occupandosi del design di barche e oggetti di consumo e per l’arredamento.
Antonio Micucci è stato un progettista di motocicli e ciclomotori.
Lavorava alla Olivetti di Ivrea quando, nel 1942, fu sfollato a Mandello del Lario: subito entrò in contatto con la Moto Guzzi, anche perché appassionato di motori e già detentore di alcuni brevetti in materia.
Micucci percorse in breve tempo le tappe della carriera in azienda, fino a diventare direttore di progettazione, con assoluta libertà di scelte.
Dal suo lavoro nacquero molti modelli di successo: il Guzzino, il Cardellino, la bicilindrica 250 cc da corsa, lo Zigolo, la 350 militare (mai entrata in produzione), il Trotter ed il Dingo.
Antonio Micuci lasciò la Guzzi nel 1967, al passaggio di gestione seguito al ritiro della famiglia Parodi.
Danilo Mojoli (Cernusco sul Naviglio, 6 maggio 1955) è un progettista italiano specializzato nel settore motociclistico.
Dopo i primi passi nell’ufficio tecnico progetti della Gilera, Mojoli si trasferì nel 1996 a Mandello del Lario per entrare, in qualità di capo progetto, in Moto Guzzi. Per la casa motociclistica lariana curò lo sviluppo del rivoluzionario VA-10, un prototipo di bicilindrico a V a 75°, di 135 CV, che tuttavia non entro mai in produzione.
Nel 2002 aprì lo studio di progettazione motori “Mojoli engineering” e un’officina per l’elaborazione di motori destinati alle competizioni.
Ippolito Pomi (Mandello del Lario, 1916 – Mandello del Lario, 1997) è stato un meccanico italiano.
Fece parte del Reparto corse della Moto Guzzi, seguendo la squadra nelle gare dei Campionati mondiali in tutta l’Europa.
Giorgio Ripamonti (Mandello del Lario, 1883 – Mandello del Lario, 1955), detto Fereè, era un artigiano fabbro ferraio, esperto meccanico di motori ad olio pesante impiegati nelle imbarcazioni da trasporto merci sul lago di Como.
Fino ai primi anni del Novecento, infatti, gondole e comballi (le tipiche imbarcazioni del lago) avevano viaggiato con il solo aiuto dei venti o dei remi dei barcaioli. Le cosa cambiarono radicalmente con l’introduzione del motore: nell’attività di manutenzione, Ripamonti ebbe un discreto successo tanto che la sua officina era conosciuta in parecchie zone del lago di Como.
Insieme a lui, Carlo Guzzi costruì il primo prototipo di motocicletta monocilindrica di 500 cc a quattro valvole in testa, denominata allora GP (Guzzi-Parodi, ma per evitare confusione con le iniziali di Giorgio Parodi, i modelli successivi verranno siglati “Moto Guzzi”), alesaggio di 88 mm e corsa di 82 mm. La potenza erogata era di 12 cavalli, la velocità massima di 100 km/h.
La moto venne presentata ad Emanuele Vittorio Parodi, padre di Giorgio, il quale, dopo un primo prestito di duemila lire, concesse il finanziamento per la costituzione dell’azienda per la fabbricazione di motociclette.
Pierre Terblanche (Uitenhage, 1956) è un designer sudafricano.
Dopo il diploma alla scuola superiore Brandwag, si è iscritto all’Eastern Cape Technikon, ottenendo il diploma in graphic design, che lo ha portato alla sua prima occupazione lavorativa, un incarico come account manager presso la sede di Città del Capo della prestigiosa agenzia pubblicitaria Young & Rubicam.
La passione di Terblanche per il design di veicoli, lo spinsero a lasciare il Sudafrica alla volta dell’Europa: dopo due anni di collaborazione con la Italdesign di Giugiaro a Torino, si trasferì a Londra per frequentare corsi specifici presso la Royal College of Art, dove raggiunse il master in Vehicle Design solo due anni dopo. Seguono tre anni di lavoro alla Volkswagen.
Nel 1989 la carriera di Terblanche giunse ad una svolta, con l’approdo in Ducati nel periodo in cui il marchio bolognese era controllato dalla varesina Cagiva. Quando nel 1996 l’azienda emiliana tornò ad essere indipendente, venne chiamato a dirigerne il Centro Stile. Nel mondo del motociclismo Terblanche cominciò ad essere conosciuto come un creativo particolarmente innovativo e anticonformista, capace di portare avanti idee controcorrente e spesso audaci.
Nel 2007 aprì un proprio studio di design e tra il 2009 e il 2011 iniziò a collaborare con il Gruppo Piaggio e Moto Guzzi, per la quale ha disegnato i concept V12 (la LM, la Strada e la X) presentati in occasione dell’EICMA 2009, possibili eredi delle stradali sportive di Guzzi (di cui la Le Mans è il modello più famoso), caratterizzate da dettagli e soluzioni tecniche fortemente innovativi. I prototipi non raggiunsero la produzione nella gamma della casa di Mandello del Lario.
Lasciato il Gruppo Piaggio nel 2011, Terblanche ha lavorato per la casa motociclistica inglese Norton; dal 2013 al 2015 Pierre Terblanche è stato responsabile dello Sviluppo Prodotti presso l’azienda Confederate Motor Company. Dal 2015 al 2016 Pierre Terblanche ha collaborato con Royal Enfield.
Umberto Todero (1923 – 27 febbraio 2005) è stato un progettista italiano specializzato nel settore motociclistico.
Dopo il diploma alla Scuola d’arte ad indirizzo industriale in Friuli, dove viveva con la famiglia, nel 1939 si trasferì a Lecco per un’offerta di lavoro in una filiale Fiat. Prima di ottenere il nulla osta all’assunzione, ebbe la possibilità di un colloquio alla Moto Guzzi, che lo assunse.
La sua fu ovviamente attività di natura tecnica: prima con semplici lavori di disegno di particolari per la costruzione del motociclo Alce, allora in fase di studio e di realizzazione; poi con lo sviluppo del Trialce e per finire, sempre con prodotti militari, venne impiegato a realizzare un motore da utilizzare nei gruppi elettrogeni e motocompressori della Marina Militare.
Al termine della guerra, si dedicò all’aggiornamento e al rinnovo di motocicli già in produzione nel periodo pre-bellico, con studi riguardanti principalmente sistemi di sospensione, impianti frenanti, cambi di velocità ed altro ancora, dovendo nel contempo unire al lavoro d’ufficio l’attività di sperimentazione in officina.
Nel 1948 venne affidato alle dipendenze di Giulio Cesare Carcano, il progettista della Otto cilindri e del motore bicilindrico a V di 90°. Carcano, allora Direttore dell’Ufficio esperimenti e studi, era incaricato di gestire anche la progettazione e le prove delle moto da corsa. Todero ebbe così la possibilità di partecipare alla progettazione di nuovi motocicli da corsa e tre anni dopo venne nominato Vice capo del Reparto corse.
Terminata l’esperienza al Reparto corse dopo il ritiro della Moto Guzzi dalle competizioni, a partire dal 1957 continuò la sua attività sempre sotto la direzione di Carcano, con il quale contribuii a realizzare nuovi prodotti, tra i quali lo Stornello, nelle versioni Turismo e Sport, ai quali seguirono la V7 e il motore bicilindrico a V.
Nonostante la scomparsa dei soci fondatori e le trasformazioni societarie, il ruolo di Todero come Capo servizio progetti rimase sostanzialmente invariato: lavorò in Moto Guzzi per sessantasei anni.
Nel 1975 gli venne conferita la Stella al merito del lavoro della Repubblica italiana, con il titolo di Maestro del lavoro.
Lino Tonti (Cattolica, 16 settembre 1920 – Varese, 8 giugno 2002) è stato un progettista italiano specializzato nel settore motociclistico.
Dopo aver conseguito il diploma di perito aeronautico, nel 1937 fu assunto come disegnatore all’ufficio tecnico della Benelli, ma venne ben presto trasferito nel reparto corse, alle dirette dipendenze di Tonino Benelli.
Nel dopoguerra gli venne offerto un incarico di funzionario al Ministero dei Trasporti, ma egli preferì la libera professione che gli avrebbe consentito di soddisfare la sua grande passione per le motociclette: iniziò così un’attività tecnico-commerciale che consisteva nell’acquistare i mezzi militari residuati bellici per modificarli e convertirli all’uso civile.
Nel 1947, sfruttando le possibilità offerte dall’officina per la trasformazione dei residuati, Tonti costruì un prototipo di moto da competizione: la LinTo 75 (acronimo di Lino Tonti). L’anno successivo iniziò a progettare un avveniristico modello di scooter a ruote alte, il LinTo Cigno 125, presentato nel 1950 per proporlo alle varie case motociclistiche: visto il grande successo commerciale degli scooter a ruote alte come la Moto Guzzi Galletto, l’Aermacchi decise di acquistare il progetto e di avvalersi di Tonti per avviare la propria sezione motociclistica, che quindi si stabilì definitivamente a Varese con la famiglia.
Nel 1952 venne proposto il successivo scooter LinTo Dama 160, realizzato su base motoristica Aermacchi: tuttavia, dopo il secondo prototipo sviluppato nel 1954, la direzione aziendale decise di non metterlo in produzione.
Nel 1956 Tonti iniziò la collaborazione con la FB Mondial, studiando l’evoluzione dei motori bialbero per il Motomondiale. Un impegno fecondo ma breve, interrotto nel 1957 dalla decisione della Mondial, presa di comune accordo con Moto Guzzi e Gilera, di ritirarsi dalle competizioni.
Nel 1959 accettò l’offerta della Bianchi che, appena uscita dal sodalizio Autobianchi, aveva deciso di concentrare i propri sforzi sulle due ruote. Ebbe inizio per Tonti un quinquennio di grande libertà progettuale che lo vide impegnato a mettere in produzione nuovi modelli civili, militari e da competizione.
La pesante crisi del mercato motociclistico, dovuta principalmente alla diffusione dell’automobile, venne affrontata con grande coraggio da Giuseppe Gilera che, sperando in una ripresa del mercato, nel 1965 conferì alla propria azienda buona parte dei beni personali e chiamò il tecnico romagnolo a progettare nuovi modelli. Contrasti con l’azienda sulla mancata produzione in serie del nuovo motore da 500 cc bicilindrico, spinsero Tonti a lasciare la Gilera.
Le nuove occasioni di lavoro non si fecero attendere: nel 1967 la Moto Guzzi era stata presa in gestione dalla SEIMM, società costituita dal gruppo di banche creditrici, e la nuova dirigenza aveva deciso di interrompere la collaborazione con Giulio Cesare Carcano. Allo scopo di rilanciare la gamma e di progettare una moto adatta a rinverdire l’immagine sportiva della Moto Guzzi, venne offerta la direzione tecnica a Tonti, il quale si insediò nel prestigioso ufficio che era stato di Carcano e, prim’ancora, di Naco. Tonti si mise all’opera, assistito da Umberto Todero, per trasformare la V7 in un modello turistico-sportivo che non temesse confronti nelle produzione di serie: si giunse però ad un modello totalmente diverso, la V7 Sport.
John Wittner era un dentista americano, che praticava la sua professione a Philadelphia. Nel tempo libero si dedicava alla sua grande passione: l’elaborazione delle moto, soprattutto Harley Davidson. Il suo interesse per la meccanica lo spinse nei primi anni ’80 all’acquisto di una bicilindrica italiana, una Moto Guzzi Le Mans.
Nonostante un prestigioso palmarès sportivo in gare ufficiali, alla fine degli anni ottanta la Moto Guzzi aveva ancora in listino solo un modello di vecchia concezione, la Le Mans 1000, senza una vera sportiva per competere nei campionati riservati alle moto derivate dalla serie. Durante gli anni ottanta, infatti, le gare motociclistiche delle derivate dalla serie erano tornate a muovere l’interesse degli appassionati e del pubblico, prima nel Stati Uniti e poi nel resto del mondo: si svilupparono così la Superbike, le gare denominate BOTT (Battle of the Twins, riservata ai bicilindrici) e quelle chiamate SOS (Sound of the Singles, riservata ai monocilindrici).
Nel 1985 una Le Mans 1000 elaborata dal Dr. John e condotta da Larry Shorts e Greg Smrz era risultata vincitrice del campionato AMA Endurance. Due anni dopo, nel 1987, Wittner preparò artigianalmente una Le Mans per partecipare alle gare BOTT statunitensi e, con il pilota Doug Brauneck, il team ottenne il successo durante la settimana di gare che si svolgeva sul circuito di Daytona, vincendo anche il campionato AMA Pro-Twins.
Alejandro De Tomaso non rimase indifferente ai successi del “Dr. John” sulle piste americane: lo incaricò di sviluppare un nuovo motore con testata a quattro valvole messo a punto nel frattempo in Moto Guzzi dall’ing. Umberto Todero come base per una nuova generazione di moto sportive. Wittner costruì una moto semplice ed efficace, applicandovi il telaio che aveva testato vittoriosamente nel BOTT: una struttura monotrave che, passando in mezzo alla V creata dai due cilindri, univa direttamente il canotto dello sterzo con un traverso posteriore e due piastre che a loro volta reggevano il monoammortizzatore posteriore ed il forcellone. Insieme al nuovo motore otto valvole, permise a questa moto di continuare a raccogliere vittorie nel BOTT americano ed ancora una volta sul circuito di Daytona, la gara più prestigiosa della serie, che divenne il nome con cui da allora venne designata la moto.
L’anno successivo, il 1989, De Tommaso invitò Dr. John a Mandello del Lario, sede della Moto Guzzi, e lo convinse a correre anche in Europa. Lui, la sua piccola squadra e lo sconosciuto (in Europa) Doug Brauneck fecero quindi il loro esordio alla Due Giorni Internazionale sullo storico circuito di Monza, trovando come avversari l’ex campione del Motomondiale Marco Lucchinelli e la sua Ducati 851 ufficiale, già allora vittoriosa nel campionato mondiale Superbike. Alle prove ufficiali, la Daytona segnò il secondo miglior tempo, staccata di pochi centesimi di secondo dalla Ducati di Lucchinelli e lasciando il vuoto alle sue spalle. Nonostante la mancata vittoria a causa di una banale rottura di un cavo delle candele che fermò Brauneck quando era solo in testa, la Daytona venne premiata a Monza come “Miglior novità tecnica e prestazionale”.
Dopo questa gara seguirono poche altre saltuarie esibizioni: le difficoltà finanziarie della Moto Guzzi privarono tuttavia il team dell’indispensabile supporto economico per competere alto livello.