L’avvento dell’industria nucleare italiana, la violenza al territorio in nome del profitto industriale: è la storia di Nicola, figlio di un contadino del Metapontino che ha lavorato come addetto alle pulizie nel deposito nucleare della Trisaia di Rotondella, dove negli anni ’60 arrivarono 84 barre di uranio radioattivo provenienti dagli USA.
Nicola, avendo scoperto illeciti da parte dell’Enea, è stato licenziato.
Successivamente è partito volontario per la Bosnia dove ha respirato le polveri all’uranio dei proiettili, ammalandosi. Al rientro in Italia, è stato assunto come postino a Saluggia, nel vicentino. La piccola casa che ha preso in affitto è sulla Dora Baltea, la finestra si affaccia proprio sul deposito nucleare del luogo.
A novembre del 2003 decide di tornare in Lucania per partecipare alla protesta contro il decreto 314 emanato dal Governo, secondo il quale a Scanzano Jonico, paese dove è nato e dove suo padre ha un’azienda agricola, dovrà nascere il deposito unico di scorie nucleari italiane.
Spettacolo appassionato. Ed inquietante.